Bioplastiche, anche alghe e gusci di granchi tra le fonti utilizzate?

Recenti studi dimostrano come alcune bioplastiche possano essere ricavate direttamente dall’utilizzo di alghe e gusci di granchio. È così che si potrebbero rimpiazzare per sempre alcune pellicole attualmente in commercio

Chi ha detto che da alghe e granchi non si possono ricavare dei biopolimeri?

Di sicuro non i ricercatori della North Carolina State University, i quali, anzi, hanno dimostrato proprio il contrario.

Questi due elementi naturali possono infatti tornare utilissimi per produrre delle bioplastiche, andando a creare, nello specifico, una pellicola che potrebbe rivoluzionare presto il mercato.

Granchi e alghe: fonti di bioplastiche

Un team di studiosi della North Carolina State University ha compiuto diverse analisi su alghe e gusci di granchio, arrivando a una conclusione davvero interessante.

Alghe nel mare
Immagine | Unsplash @TheTampaBayEstuaryProgram – Informagiovanirieti.it

Unendo l’agarosio (un biopolimero estratto dalle alghe e attualmente usato per produrre dei gel, ndr) con il chitosano (molecola che dona durezza ai carapaci dei granchi, ndr) è possibile creare una nuova pellicola composita biopolimerica.

Si tratta di una bioplastica particolarmente resistente, ecologica e durevole, con la quale si potrebbero presto sostituire tutte le pellicole in plastica sul mercato.

La pellicola derivante dall’unione di agarosio e chitosano si è infatti dimostrata molto più resistente rispetto ad altri tentativi operati in passato, stupendo positivamente i ricercatori.

Non solo. Parliamo di una pellicola trasparente biodegradabile e con importanti proprietà antibatteriche, in grado di respingere anche l’acqua.

Ciò significa che, se immessa sul mercato, questa bioplastica potrebbe tornare decisamente utile per imballare alimenti e altri beni di consumo.

Il tutto, a favore della sostenibilità.

Contrastare la produzione di plastica è diventata ormai un’azione necessaria e la creazione di nuove pellicole formate da biopolimeri può essere di enorme aiuto.

Esattamente ciò che hanno provato a fare i ricercatori dell’università statunitense, unendo proprio agarosio e chitosano.

Nel dettaglio, ciò che hanno fatto è stato aggiungere delle scaglie colloidali fibrillate a base di chitosano a delle pellicole di agarosio, così da capire se questo matrimonio potesse generare delle pellicole più durevoli nel tempo.

Ciò che è emerso è che il chitosano riesce a fornire forza e stabilità all’agarosio, dando vita così a un mix adatto a diverse applicazioni.

Si tratta infatti di due biopolimeri compatibili tra loro, i quali migliorano a vicenda le rispettive proprietà meccaniche e la resistenza all’acqua.

Secondo la ricerca in questione, l’unione dei due composti genera delle pellicole circa quattro volte più resistenti delle singole pellicole di agarosio e parrebbero resistere anche all’Escherichia coli.

Per testare la resistenza del nuovo prodotto, gli studiosi hanno anche sotterrato un foglio di pellicola, verificando come esso si sia disintegrato dopo un mese.

Oltre agli aspetti positivi, sono stati trovati però anche dei punti da migliorare, soprattutto quelli che riguardano la permeabilità a elementi naturali come l’acqua e l’ossigeno.

Una volta migliorati anche questi aspetti, la nuova bioplastica a base di alghe e gusci di granchi potrà davvero essere paragonata ai polimeri sintetici già in commercio, diventando così una validissima alternativa da immettere sul mercato.

Compiuto questo passo, non resterà che rendere il nuovo prodotto sempre più appetibile, al fine che il suo uso possa finire con il soppiantare quello di plastiche decisamente più dannose per l’ambiente.

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