La parità di genere in azienda favorisce la crescita, migliorando produttività, inclusione e garantendo migliori performance economiche
Raggiungere la parità di genere potrebbe garantire una maggiore crescita economica e una maggiore competitività per le aziende. Lo studio “Oltre il divario salariale: la parità di genere per la crescita economica e la competitività delle imprese”, realizzato da Arel in collaborazione con JTI Italia e con il supporto dell’Ufficio Studi PwC Italia, ha analizzato il gender pay gap sia a livello globale che locale.
In Italia, lo studio ha evidenziato che la disparità salariale penalizza fortemente le donne, soprattutto in settori come le discipline Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), dove, cinque anni dopo la laurea, le donne guadagnano in media 200 euro in meno rispetto agli uomini.
Con la parità di genere le aziende crescono di più
Con l’aumento dell’età dei lavoratori, la disparità di trattamento si amplia. Tra i 45 e i 54 anni, il gap salariale raggiunge il 14,5%, dovuto a minori opportunità di carriera, meno frequenti scatti salariali e un maggior impegno familiare. Lo studio sottolinea anche l’alto tasso di abbandono del lavoro femminile, con un tasso di occupazione nel 2023 inferiore di quasi il 20% rispetto agli uomini.
Secondo lo studio, la bassa partecipazione femminile al lavoro ostacola la crescita economica, riducendo la forza produttiva di un paese. La soluzione proposta è l’adozione di politiche di inclusione, come dimostrano i miglioramenti in termini di produttività e innovazione nelle aziende che hanno già implementato tali misure. Una recente analisi dello European Institute for Gender Equality ha evidenziato che il gender gap ha causato una perdita del 3% del PIL europeo.
In Italia, il basso tasso di partecipazione femminile al lavoro contribuisce al disallineamento tra domanda e offerta: nel 2023 sono rimasti vacanti oltre 300mila posti di lavoro in vari settori produttivi.
JTI ha messo in atto diverse iniziative per colmare il gender pay gap, tra cui il congedo parentale paritario che garantisce il 100% della retribuzione salariale per tutti i dipendenti durante maternità o paternità, oltre a programmi di empowerment femminile e crescita professionale.
Grazie a queste politiche, l’azienda ha raggiunto la piena parità retributiva tra uomini e donne. Attualmente, le donne rappresentano il 51% degli impiegati e il 43% dei dirigenti in JTI Italia, valori che superano la media nazionale del settore del commercio all’ingrosso.
Nonostante molte aziende abbiano adottato principi di uguaglianza di genere, in molte realtà la quotidianità delle donne nelle organizzazioni è ancora lontana dall’obiettivo di una piena parità. Tuttavia, esistono diverse strategie che le imprese possono implementare per promuovere una cultura aziendale inclusiva.
La parità di genere è riconosciuta a livello internazionale come una leva per lo sviluppo sostenibile, e l’Agenda 2030 dell’ONU ha incluso l’uguaglianza di genere come uno dei suoi obiettivi fondamentali. Sebbene l’intento sia chiaro, la realizzazione di questo traguardo richiede ancora molti sforzi. Il Global Gender Gap Report 2023 indica che il divario di genere a livello globale si attesta al 68,4%, un miglioramento di soli 0,3 punti rispetto all’anno precedente.
Analizzando i dati storici, tra i 102 Paesi considerati dal 2006, il divario di genere attuale è del 68,6%, lo stesso livello del 2020, con un aumento complessivo di soli 4,1 punti in quasi vent’anni. Gli esperti stimano che serviranno più di un secolo e trent’anni per raggiungere la piena parità di genere, una previsione peggiorata rispetto al 2020, quando si prevedeva di raggiungere questo obiettivo entro cento anni. Per accelerare i progressi, gli analisti sottolineano la necessità di un’azione più decisa, poiché il ritmo dei cambiamenti è rallentato significativamente nonostante il recupero dei livelli pre-pandemia.
Qual è la situazione mondiale?
La questione della parità di genere riguarda tutti. Nel 2022, nessun Paese ha raggiunto la piena parità di genere, anche se i primi nove Paesi (tra cui Islanda, Norvegia, Finlandia, e Nuova Zelanda) hanno colmato oltre l’80% del divario di genere. L’Islanda, per il quattordicesimo anno consecutivo, mantiene il primato con il 91,2% del divario colmato, essendo l’unico Paese a superare il 90%.
Secondo il Global Gender Gap Report, al ritmo attuale, saranno necessari 162 anni per colmare il divario di genere nell’emancipazione politica e 169 anni per quello nella partecipazione economica e opportunità.
Eppure, la parità di genere ha un impatto economico significativo. Secondo l’Observatory on Women’s Empowerment 2023 di The European House – Ambrosetti, sbloccare il potenziale delle donne nella forza lavoro potrebbe plasmare un’economia futura sostenibile. Colmare il divario retributivo di genere nei Paesi del G20 potrebbe generare un impatto economico di 11,7 trilioni di dollari solo nel 2023.
A livello europeo, i dati dell’EIGE (European Institute for Gender Equality) indicano che entro il 2050, una maggiore parità di genere potrebbe aumentare il PIL pro capite dell’UE tra il 6,1% e il 9,6%, per un valore tra 1,95 e 3,15 trilioni di euro. Inoltre, questo porterebbe a 10,5 milioni di nuovi posti di lavoro, con il 70% occupato da donne, e il tasso di occupazione raggiungerebbe l’80% per entrambi i sessi.
Poiché il lavoro è centrale in questo processo, il cambiamento deve necessariamente coinvolgere le aziende per promuovere una maggiore equità e uguaglianza di opportunità.
Puntare sulla parità di genere porta benefici significativi per le aziende, come evidenziato nel report del World Economic Forum, tra cui:
- Maggiore capacità di attrarre talenti
- Migliori prestazioni economiche e resilienza
- Sopravvivenza a lungo termine
- Risultati di qualità superiore
- Stabilità finanziaria e migliori performance
Tuttavia, nonostante alcuni progressi, la parità di genere nella partecipazione alla forza lavoro globale è ancora lontana. Tra il 2022 e il 2023, il tasso di partecipazione femminile è aumentato solo dal 63% al 64%, il secondo punto più basso dal 2006 e ben al di sotto del picco del 69% raggiunto nel 2009. Le donne continuano a sperimentare una disoccupazione più alta rispetto agli uomini e, quando impiegate, affrontano spesso condizioni lavorative inferiori agli standard.
La disuguaglianza di genere nella leadership rimane un nodo centrale. Secondo i dati globali di LinkedIn, nel 2023 le donne rappresentano solo il 41,9% della forza lavoro e appena il 32,2% delle posizioni di leadership senior. Settori come le costruzioni, i servizi finanziari e il settore immobiliare sono tra i più difficili per le aspiranti leader femminili, con un rapporto tra posizioni di vertice (C-Suite) e entry-level inferiore al 50%.
Negli ultimi otto anni, la percentuale di donne in posizioni di leadership è cresciuta di circa l’1% all’anno, ma questa tendenza ha subito un’inversione dal 2022, riportando i livelli del 2023 a quelli del 2021.
La disparità di genere ai vertici aziendali, spesso descritta con la metafora del soffitto di cristallo, è particolarmente accentuata nei settori tecnico-scientifici, dove le donne si trovano bloccate nella loro carriera, con poche possibilità di avanzamento verso ruoli apicali.
Ricoprire ruoli di leadership significa spesso anche percepire stipendi più alti. Tuttavia, il divario salariale di genere resta uno degli aspetti più visibili della disuguaglianza nel mondo del lavoro. Secondo l’OCSE, nel 2021 il divario salariale di genere era dell’11,9%, il che significa che una donna guadagna in media 88 centesimi per ogni dollaro o euro che un uomo percepisce lavorando a tempo pieno. Questo rappresenta solo un miglioramento modesto rispetto al 2010, quando il divario era del 14%.
Alcune delle ragioni per cui il divario salariale aumenta nel corso della vita lavorativa includono:
- Segregazione occupazionale
- Discriminazione e mancanza di parità nelle aziende
- Scarsa rappresentanza femminile nella leadership
- Difficoltà nel bilanciare lavoro e famiglia, che porta le donne a ridurre l’orario lavorativo
Nel contesto delle discipline STEM, nonostante le donne rappresentino il 56% della popolazione universitaria (anno accademico 2021-2022), solo il 37% delle studentesse sono iscritte a corsi STEM, un dato rimasto invariato negli ultimi dieci anni. Anche se le donne conseguono la laurea con voti più alti (media di 104,2 su 110 rispetto al 102,3 degli uomini) e sono più regolari nel loro percorso di studi, restano penalizzate nel mondo del lavoro: a cinque anni dalla laurea, il tasso di occupazione è del 94% per gli uomini e del 91% per le donne.
Gli stereotipi di genere continuano a limitare la partecipazione femminile nei percorsi STEM. Il 71% degli studenti ritiene che esistano ancora barriere culturali e il 50% dei lavoratori ha assistito a discriminazioni di genere sul lavoro. Stereotipi che vedono le donne più adatte ai ruoli di cura e meno portate per le discipline tecnico-scientifiche non trovano fondamento nella realtà, ma sono il risultato di pregiudizi culturali.
Le imprese possono svolgere un ruolo cruciale nel superare questi stereotipi e promuovere la parità di genere attraverso azioni concrete, come:
- Organizzare workshop e momenti di confronto per diffondere consapevolezza sulla parità e il rispetto reciproco
- Implementare programmi di mentoring e coaching per incoraggiare uomini e donne a intraprendere incarichi non tradizionali
- Promuovere formazione per accrescere le competenze delle donne
- Coinvolgere anche gli uomini nel ruolo di caregiver familiare, offrendo soluzioni ad hoc per il bilanciamento tra lavoro e famiglia.
Per concretizzare la parità di genere in azienda, è fondamentale adottare strategie mirate che promuovano l’inclusione e l’equità. Alcune azioni pratiche includono:
- Meritocrazia: Promuovere e assegnare bonus in base ai meriti, senza distinzione di genere, età o altri fattori discriminanti.
- Politiche di assunzione: Evitare qualsiasi forma di discriminazione tra candidati e candidate, garantendo equità nel processo di selezione.
- Consapevolezza: Educare i dipendenti sul valore della diversità e del rispetto, contribuendo a creare una cultura aziendale inclusiva.
- Parità retributiva: Assicurare la parità di retribuzione tra donne e uomini che svolgono lo stesso ruolo, garantendo trasparenza in questo ambito.
- Empowerment femminile: Introdurre politiche aziendali che incentivino la formazione e lo sviluppo professionale delle donne.
- Conciliazione vita-lavoro: Implementare smart working, flessibilità oraria e altre soluzioni personalizzate che facilitino l’equilibrio tra lavoro e vita privata.
Secondo l’Observatory di The European House – Ambrosetti, tre azioni sono essenziali per raggiungere la parità di genere nella forza lavoro:
- Orari flessibili per tutte le figure professionali.
- Congedi parentali senza distinzione di genere, per promuovere la condivisione delle responsabilità familiari.
- Partnership con strutture di assistenza per l’infanzia, per supportare i dipendenti con famiglie.
Queste azioni aiutano a costruire una cultura inclusiva e favoriscono una maggiore integrazione delle lavoratrici all’interno delle aziende.