Prima di andare in pensione controlla quanto perdi sull’importo dell’assegno, la verità che fa male

Scopri quanto realmente stai perdendo sull’importo della tua pensione prima di ritirarti: la cruda verità potrebbe essere difficile da affrontare.

Se il tempo fosse solo un numero quando si tratta di pensionamento, dire sì alle possibilità di andare in pensione in anticipo sarebbe inevitabile. Ma il vero dilemma risiede nel valutare se il gioco vale la candela.
Nel mondo attuale delle pensioni, uscire anticipatamente ha un prezzo salato: un assegno più magro. Quel cospicuo gruzzolo che vi aspettate di ricevere ogni mese subisce una significativa riduzione se decidete di lasciare il lavoro prima del previsto. Ed è qui che bisogna fare i conti.

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Considerate i vostri contributi versati come monete in un salvadanaio: più ne versate e più il salvadanaio si riempie. Se si tratta di un sistema retributivo, la dimensione del vostro assegno dipende dagli ultimi stipendi, mentre nel sistema contributivo conta l’ammontare dei vostri gettoni versati.

Perdite pensionistiche

Per chi è disposto a macinare anni di lavoro, il salvadanaio sarà più ricolmo. Una pensione costruita su 40 anni di contributi risplenderà di più di quella costruita su soli 30. Quindi, l’idea di uscire con un salvadanaio pieno di soli 30 anni di contributi comporta un assegno notevolmente inferiore rispetto a chi continua a versare fino ai 67. Ma non è tutto qui. Il salvadanaio non è l’unico fattore in gioco. Ci sono anche questi coefficienti di trasformazione, che che trasformano le vostre monete in assegni pensionistici. E indovinate un po’? Più giovani siete quando decidete di abbandonare la scrivania, più questi coefficienti si trasformano, ma nel senso sbagliato.

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Per esempio, lasciare a 65 anni significa un coefficiente del 5,352%, mentre a 67 anni sale al 5,723%. Questi numeri si traducono in una doppia penalità: un coefficiente meno generoso e due anni in meno di monete nel salvadanaio. E quando pensate che le pensioni anticipate siano l’antidoto, beh, spesso sono la malattia stessa. Le misure disponibili sembrano chiedere un tributo all’altarino del pensionamento anticipato, con penalità e regole che fanno rabbrividire. Per esempio, c’è la famosa quota 41, che in realtà potrebbe essere più una quota 40 meno uno. Optare per questo giochino significa lasciare con un anno e dieci mesi in meno di contributi, e ciò si traduce in un assegno più esile. E se pensavate di fregare il sistema con la quota 103, beh, il sistema ha le sue contromosse.

E poi c’è l‘Ape sociale, un‘opzione che vi fa sentire come dei re, ma solo fino a quando vi accorgete che vi manca la corona. È come se vi dicessero: “Ehi, lasciate il lavoro prima, ma sappiate che non riceverete la tredicesima e l’assegno non sarà mai all’altezza dell’inflazione”. E nessuno vuole un regalo che perde valore. E non dimentichiamoci dell‘opzione donna, che sembra promettere il cielo ma vi manda dritte all’inferno del sistema contributivo. Le lavoratrici più giovani possono trovarsi con un assegno così magro da far sembrare le pensioni ordinarie come tesori. Insomma, se volete massimizzare il contenuto del vostro salvadanaio, lasciare il lavoro prima potrebbe non essere la mossa vincente. Chi è prossimo alla meta dovrebbe considerare attentamente se vale la pena rinunciare a quegli ultimi passi verso il traguardo.

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